VIETATO VIETARSI (la religione del nostro tempo)

Pubblico uno dei testi inclusi in un’opera che sto scrivendo, anche se a rilento in verità e da intitolarsi probabilmente “Bagatelle di inizio millennio”.

 

Il testo in questione, “Vietato vietarsi” era già stato pubblicato nel Blog dei Miagolatori.

download-4

Immagino che in molti abbiano già scoperto, e probabilmente sulla propria pelle, che per capirci qualcosa della vita, o di quella nebulosa che si chiama realtà, bisogna guardare nel mistero fatto di dettagli, all’apparenza insignificanti, delle piccole cose, piuttosto che nelle grandiloquenze del discorso ufficiale.

Libri, titoli di giornali, conferenze, trasmissioni televisive, internet e chi più ne ha più ne metta, non fanno che alimentare il caos generalizzato dell’ordine capitalista. In apparenza, tutti questi operatori dell’informazione sembrano parlare di un caos di cui vogliono mostrarsi come meri registratori, in realtà lo alimentano con la scienza esatta di un giardiniere vezzoso e pronto a tutto pur di far trionfare la propria arte. Propriamente parlando, essi sono il caos che alimentano.

I poeti questo lo sanno da lunghissimo tempo, da quando almeno hanno preso definitiva coscienza di essere poco più di una pattumiera sociale, e per questo si sono rifugiati, come profughi disperati, nella magia metafisica dei dettagli.

Da una piccola postazione, spesso diroccata, spesso dispersa nel groviglio inestricabile di tetti, di antenne, di balconi fatiscenti, essi osservano il mondo in preda al caos organizzato e biasimano il tempo, ormai impensabile, di quando pastori analfabeti recitavano a memoria interi passi dell’Iliade.

Ma quel tempo è per l’appunto irreversibile e a poco servirebbe rievocarlo, come fanno invano tanti finti sciamani in preda alla febbre del puro e dell’originale a tutti i costi. Cercatori d’oro del Klondike in una specie di Atlantide apparecchiata per trasmissioni televisive, di reti generaliste da mandare in onda nel palinsesto pomeridiano, ecco come appaiono ai poveri poeti in cerca di un varco per la mera sopravvivenza questi finti sciamani della purezza artistica.

Ma non bisogna stupirsi troppo, nel caos generalizzato e concertato, fioccano i sacerdoti della parola, del racconto incantato, della performance artistica. Caos nel caos, rito del caos, spettacolo del caos, questi sacerdoti del niente amministrano il rito con dovizia e volontà, senza lesinare sforzi. Viene chiesto loro di gettare sabbia negli occhi dei poveri malcapitati, chiamati spesso spettatori, e essi adempiono splendidamente alla loro funzione.

Vomitano frasi a effetto che a loro volta sono state vomitate da comitati di sciacalli e di squali della comunicazione. Principi dell’estetica, del concettuale, del postmoderno, del fusion, sono costoro i pettegoli alimentatori della vasellina con cui i poteri del nuovo millennio in corso penetrano nelle testoline vogliose e calde degli schiavi volontari.

Schiavitù nel caos, schiavitù del caos, schiavitù per il caos, si capisce bene come uscire da questo circolo vizioso sia ormai quasi impossibile. Almeno a prima vista, almeno cercando uno spiraglio nella fiumana di parole inutili che invadono quotidianamente lo spazio.

Ovviamente a margine, per coloro, e sono tanti, che non si alimentano del fascino sciamanico delle arti e dei mestieri, per coloro che non si scervellano a capire il senso delle opere concettuali, delle performance, delle narrazioni iperboliche, esistono le droghe e gli psicofarmaci, esistono le mille maniere di essere schiavi volontari part time.

E dunque nel caos generalizzato, anche gli slogan che un tempo ambivano ad essere antisistema, diventano parte integrante del caos sistematico. Anzi ne diventano emblema, manifesto programmatico. Non che il caos abbia bisogno di manifesti e di frasi emblematiche, al contrario, esso avanza a suon di caos, a suon di un magma fatto di notizie e di notizie delle notizie.

Sarebbe invano cercare un segno nel caos, perché si finirebbe per trovare solo i segni tracciati scientificamente del caos.

VIETATO VIETARE. In molti si ricorderanno questo slogan issato dalle giovani generazioni nel 1968. Uno slogan che, rivisto con lo sguardo prospettico dell’oggi, dispiega tutto il suo carico di paradossale amarezza. Lo si potrebbe prendere quasi per una tremenda presa per i fondelli. Contestare un sistema utilizzando uno slogan che è la perfetta e plastica rappresentazione del sistema stesso. Forse nella storia una cosa del genere non era mai accaduta.

Ve li immaginate i giacobini issare uno slogan del tipo “Viva il potere assoluto per ordine divino”?

Erano dunque pazzi questi giovani ad usare tali slogan, eppure non lo erano affatto. Forse, con il facile senno del poi, essi si sono dimostrati più come gli inconsapevoli acceleratori di un processo, che come i contestatori radicali di un sistema. Opponendosi ad una “determinata” fase dello sviluppo sistemico capitalista ne hanno solo accelerato l’entrata in una nuova fase.

Ma è sempre difficile fare il processo alle intenzioni e determinare il grado di oggettiva consapevolezza degli attori storici, figurarsi poi nel caos in movimento del tempo presente. Oppositori, invocatori di un posto al sole per nuove vie, vacanzieri del pensiero in cerca di Goa in cui drogarsi, ultimi di un tempo in cui il pensiero aveva ancora un senso, quei giovani ci hanno lasciato uno slogan che appare davvero come un sigillo dei tempi.

Ossimoro degli ossimori, circolo vizioso dei circoli viziosi, questo tempo si arrende al diritto di vietare e inneggia al divieto di vietare alcunché a chicchessia. Sembrerebbe il migliore dei mondi possibili, invece nasconde il peggiore dei drammi possibili: la rimozione stessa dei divieti che caratterizzano il tempo presente.

Gli uomini nascono liberi e è a loro vietato vietare qualunque cosa, appare in effetti un programma bellissimo, ma sa amaramente di promessa elettorale di Cetto Laqualunque. Questo almeno per chi ancora è capace di scorgere qualcosa nel magma del caos presente. Il motto Homo homini lupus di Hobbesiana memoria era certamente meno lusinghevole, ma certamente più corrispondente al vero.

Rimossi dal pensiero, i divieti risorgono nella realtà e non vengono riconosciuti più come tali, per buona pace di quei giovani che inconsapevolmente pensavano, con il loro slogan, di far emergere tutte le contraddizioni del sistema di oppressione sociale.

La rimozione del conflitto che nasce dal divieto si trasforma in generale amnistia, ovvero in conciliazione automatica del pensiero con la realtà che esso è chiamato a riflettere. Una volta rimosso il pensiero del divieto che è insito in qualunque sistema in movimento, il presente si trasforma in sola realtà possibile e la trasformazione radicale assume il sapore dell’ultimo rum alle quattro del mattino.

VIETATO VIETARE, va inteso dunque innanzitutto come un VIETATO VIETARSI, ovvero come un’operazione sistematica di delirio di onnipotenza a buon mercato. Ci si toglie immediatamente dall’impasse determinata dal tentativo di capire se si è più o meno inculati dal potere di una società e si cade preda di un senso di compartecipazione da consorteria massonica. Felici del loro interdetto al vietarsi qualunque cosa, gli abitatori del nuovo millennio non si pongono nemmeno più il problema se il vietarsi niente non corrisponda macabramente con il non fare più niente.

Cosa potrebbe infatti vietarsi colui che non pensa più autonomamente ma è radicalmente pensato?

Ma sono ovviamente questioni che hanno smesso di avere un senso da troppo tempo, per essere ora rievocate come se fossero il ricordo di una gita al mare durante una cena in famiglia.

Rimuovere i conflitti con cui il pensiero riflette la realtà, è l’unico modo per pensare nel caos. Magma che non ammette ostacoli, ma solo possibilità, il caos fagogita i suoi figli come Saturno, ma fa credere loro di essere a loro volta dei Saturno potenziali.

Forse per questo i poeti si rifugiano nei dettagli e osservano il mondo da lontano, esterrefatti per tanta cialtroneria. Hanno capito che il processo è inarrestabile e che conciliarsi è bello, troppo bello per lasciare ancora spazio ai criticoni del presente in nome del possibile.

E’ un possente muro di gomma, quello che gli abitatori del nuovo millennio erigono contro coloro che si sforzano di pensare dialetticamente il conflitto. E lo si capisce bene, combattere contro un muro di gomma è peggio di lottare contro i mulini a vento.

Verbo ovviamente non proibito quello di lottare, ma altamente sconsigliato, un po’ come mettere le mani su un oggetto metallico surriscaldato. Don Chisciotte inventava nemici che non esistevano non per lui, ma per coloro che gli stavano intorno, letteralmente combatteva una guerra solo sua e lo faceva in nome di valori solo suoi. Allo stesso modo, anzi peggio trattandosi di muri di gomma, sarebbe respinto oggi al mittente ogni invito a pensare il conflitto, a meditarlo declinandolo nella propria esistenza concreta. E sia chiaro, esistenza concreta, ovvero reale e non fittizia, significa per il cittadino globale del tempo presente, una vita spesa nel sincretismo democratico e iperconsumista, dove gli impedimenti sono sempre relativi e mai assoluti e dove nulla è proibito per principio.

Nella religione del vietato vietarsi a dettare il passo cadenzato delle vite concrete, non è certo il lascito insanguinato delle ideologie o dei pensieri politici, figurarsi quello del pensiero filosofico o mistico. A farlo sono piuttosto i messaggi ridondanti e fragorosi della pubblicità, con i suoi inviti a essere e a fare qualunque cosa, purché sia producibile e soprattutto comprabile. Effetto collaterale del tutto trascurabile e rimovibile. Nel mondo pubblicitario, il potenziale compratore seriale è solo di fronte al prodotto dispensatore di sentimenti, di gioie, di un mondo fato di assoluta conciliazione. In questo rapporto binario, le condizioni oggettive che rendono possibile da una parte l’esistenza dell’oggetto in quanto frutto di una produzione industriale e dall’altra il potere d’acquisto, in quanto partecipazione del lavoratore alla produzione, vengono rimossi come un elemento assolutamente secondario. Tocca lavorare, tocca fare debiti per permettersi gli oggetti agognati, ma si tratta comunque di qualcosa di normale e di naturale, di cui non vale la pena né parlare né riflettere. Accecati dagli oggetti che ne mediano l’immaginario, gli abitatori nel nuovo Millennio non sentono più il bisogno di determinarsi come individui nel mondo conflittuale dei rapporti di produzione.

download-6

I fedeli del vietato vietarsi non amano né credere ciecamente in qualcosa, né convincersi attraverso un pensiero mediato della bontà di un’argomentazione, di un fatto, di un qualsiasi accadimento. Alla dialettica delle scelta mediata, essi oppongono le beatitudini delle scelte indotte e persuasive. Liberi significa soprattutto liberi di lasciarsi persuadere e guidare e liberi di non opporre resistenza. Un tempo si diceva che “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”, oggi si potrebbe aggiungere a corollario che “non c’è peggior infelice di chi non vuole farsi persuadere”.

Si potrebbe disquisire per ore sulla natura inessenziale di questo abitatore del nuovo Millennio che si crede libero perché democratico, libero perché felice dell’acquisto al supermercato, libero perché libero di trasferirsi in un mondo che non capisce a prezzi sempre più modici, libero perché incapace di vedere lacci e catene, e capace invece di vedere solo un mondo fatto di possibilità e di funzioni. Anche se il mondo intorno dovesse crollare d’improvviso, egli si riverserebbe imperterrito nell’app del suo i-phone in cerca di un giochino sulla ricostruzione di un qualche paese distrutto dalla guerra. Vietato vietarsi, ma vietato essere critici.

La differenza la fanno i dettagli, appunto. Questo i poeti lo sanno benissimo. Per questo, ne siamo certi, essi devono ridersela bellamente ogni volta che, prendendo il frecciarossa, per andare da qualche parte, leggono sulla porta della carrozza “Ingresso consigliato”. Nel mondo globalizzato in cui è vietato vietare, anche l’accesso ad una carrozza ferroviaria deve essere consigliato e non imposto, attraverso l’evidenza dei fatti. Si rischierebbe infatti di urtare la sensibilità libertaria del cittadino democratico di inizio Millennio. Peccato mortale, questo sì vietato categoricamente.

download-5