Friedrich Nietzsche era un uomo che non amava i conformismi, che non amava la morale conformista, eticamente, per dirla alla Hegel, si prefiggeva di rompere le ultime catene che opprimevano spiritualmente l’essere umano. Da grande ottimista quale egli era ebbe modo di dire:”L’individuo ha sempre dovuto lottare per non essere sopraffatto dalla tribù. Se lo provate, sarete spesso soli, ed a volte spaventati. Ma nessun prezzo è troppo alto da pagare per il privilegio di di possedere se stessi.”
Per i politici probabilmente il concetto di privilegio deve essere un altro e senza dubbio molto meno nobile e molto più attinente alle ridicole pretese di casta da cortigiani dell’alta finanza. Ma che farci, all’uomo che si libera dalle catene della morale conformista professato dal filosofo tedesco, questi signori preferiscono le ricette preconfezionate e gli slogan in slide da spiattellare come tanti pappagalli fino ad esaurimento.
L’ex Ministro dell’Economia Giulio Tremonti è passato alla storia per la frase infelice, quanto fondamentalmente esatta che di cultura non si mangia (la cultura e l’industria culturale non sono la stessa cosa fortunatamente) ed allora fu una levata di scudi e di proteste da parte della casta dei benpensanti. Forse la cultura dà da mangiare o forse no, quello che è certo, è che sicuramente paga, al tempo d’oggi, l’essere conformisti. Almeno in politica, visto che a decenni è ormai impossibile pretendere dai politici “democratici” qualcosa di più che la eco di un pensiero unico, rispondente all’interesse di gruppi economici finanziari certamente non democratici e sicuramente interessati ad avere una pletora di cortigiani al proprio servizio.
Nel suo celeberrimo libro “La Grande Trasformazione”, Karl Polanyi, riflettendo sulla grande crisi economica degli anni Trenta, provocata, guarda un po’, proprio dalle pretese della finanza internazionale di dettare alla politica e alla società le carte del gioco e quindi obbedire pedissequamente ai dettami del pensiero unico, suggeriva, come unico modo per rompere questa oppressione pericolosissima, una storica alleanza tra politica e società per controbilanciare l’abnorme strapotere dell’economia finanziaria.
Sappiamo bene cosa ha prodotto la protervia irresponsabile dell’economia finanziaria di quegli anni. Certo, Mussolini, Hitler, la Seconda Guerra Mondiale e Hiroshima, non sono solo responsabilità della casta finanziaria, ma una buona parte della responsabilità certamente sì . E lo sapevano molto bene anche gli appartenenti alla casta, visto che dovettero accettare, loro malgrado, un mondo post bellico basato sul welfare e sul controllo sui flussi finanziari.
Da allora, per la casta finanziaria e i cortigiani al seguito, si è trattato soprattutto di riprendersi il potere perduto, di restaurarlo. Riformisti a parole, in realtà la loro strategia era quella di una grande Restaurazione planetaria. Creando fondazioni, università private, borse di studio, mettendo uomini propri nei ministeri chiave, i gruppi finanziari hanno pazientemente tessuto la trama della loro scalata al potere. Finché l’Unione Sovietica, il Male Assoluto, era in piedi, esporsi troppo rischiava di essere controproducente. Agire nell’ombra, come una trama occulta, fatta di una e mille P2, fino al momento giusto.
Caduto il muro di Berlino, crollato il blocco comunista, l’accelerazione è stata quasi inarrestabile. La classe politica europea ed italiana, invece di salvaguardare la propria autonomia e farsi argine a questa grande trasformazione, se ne è fatta invece portavoce.
Invece di allearsi con la società, con gli interessi delle cittadine e dei cittadini, delle classi subalterne, come le si chiamava un tempo, i politici hanno voltato le spalle a coloro che avrebbero dovuto rappresentare e si sono adeguati facilmente al conformismo d’ordinanza.
Invece di difendere il principio che una democrazia è tale, se può garantire ai cittadini libertà di scelta su politiche e progetti di società alternativi, i politici si sono dati alla religione dell’alternanza, ovvero al modo di dire con facce diverse e partiti diversi sempre la stessa cosa. Sbraitavano l’uno contro l’altro a parole, nei talk show, sui giornali, ma in realtà si spartivano solo le briciole di cortigiani dell’economia.
“Ce lo dice l’Europa”, “i mercati ce lo chiedono”, “le riforme chieste dal mercato”, “il debito pubblico ci obbliga”, come un mantra ci ripetevano da tutte le parti sempre la stessa cosa. Da tutti i pulpiti, i grandi stregoni delle società di Rating, di Lehmann Brothers e accoliti emettevano i’ineluttabile responso oracolare: dovete fare le riforme a noi gradite.
E la casta politica, quella che ha voltato le spalle alla società, quella che ha preferito veder cadere milioni di cittadini nella religione dell’edonismo individualista e narcisista, piuttosto che lottare, da allora, non ha fatto altro che realizzare il programma dettato dai futuri datori di lavoro. Perché in fondo le briciole non sono poi così terribili, fate quello che vogliamo e poi, un posto lautamente pagato in qualche multinazionale non ve lo nega nessuno. Ecco l’unica cosa che ha cominciato a contare.
Maastricht, l’organizzazione del commercio mondiale, le privatizzazioni, le riforme del lavoro, l’Euro, il Trattato di Lisbona e tutto il resto, ci sono stati imposti non come un’opzione tra altre opzioni, ma come l’unica opzione possibile. Come se questo on bastasse ci hanno detto che la democrazia funzionava solo depotenziandosi, smettendo di essere popolare, aggregativa, di massa.
Trattati ratificati senza previa consultazione popolare, sono divenuti superiori giuridicamente anche alle stesse costituzioni democratiche che dovrebbero essere in democrazia alla base della sovranità popolare. Quando i popoli si sono opposti, li hanno definiti irresponsabili e hanno riproposto la stessa riforma scritta in altro modo.
Parliamoci chiaro la colpa è anche delle cittadine e dei cittadini. Glielo abbiamo permesso, non abbiamo sorvegliato, abbiamo coltivato prevalentemente il nostro interesse, occupandoci del collettivo solo come un problema e mai come un’opportunità. Parliamoci chiaro, molto di quello è accaduto, è stato possibile, solo perché una parte delle nostre società, e si tratta non trascurabile, è incapace di andare oltre il proprio interesse individuale e edonista. Questo è possibile perché per molti, pubblico significa il pubblico al quale mettere in bella mostra il proprio ego, e mai il pubblico come interesse generale e collettivo.
Parliamoci chiaro, la grande alleanza tra Società e Politica per mettere un freno allo strapotere dell’Economia prospettata un tempo da Polanyi, è oggi molto complicata, per non dire quasi irrealizzabile. Ci sono troppi concetti fondamentali per rendere possibile questa alleanza, che suonano oggi come vuote parole per milioni di cittadini delle nostre democrazie sempre più povere e sempre meno democratiche.
Eppure, a volte, come ci ha insegnato Nietzsche, è proprio sognando l’impossibile, è proprio credendo che esso sia possibile, che la realtà comincia a cambiare.
MARCO INCARDONA